Vi starete chiedendo il perchè della scelta di pubblicare sul blog un articolo sulle macchine da scrivere! Proprio nel mese d’aprile ha chiuso la più importante fabbrica di macchine da scrivere al mondo a causa della poca vendita delle stesse, la Godrej & Boyce di Mumbai, in India.
Molti giornalisti e scrittori, nel novecento, hanno lavorato alla composizione dei propri testi con la famosa macchina da scrivere. Chissà quanto caos si creava nelle redazioni dei giornali e dei settimanali con il ticchettio continuo di quei piccoli tasti meccanici ?! Pensando a quegli scrittori, che sceglievano un luogo silenzioso per una maggiore concentrazione alla scrittura, possiamo immaginarci un ritmo tra il rumore dei tasti, i pensieri e le parole che lentamente venivano scritte.
Pensare che io sto scrivendo su un computer di ultima generazione e che tantissime persone prima di me hanno usato un aggeggio con il funzionamento così strano e particolare, mi stupisce… Forse era più divertente scrivere su quel “macchinario” ed era sicuramente più faticoso, ma al tempo stesso, quasi, ti faceva compagnia.
Sono diversi gli inventori che hanno avuto l’onore di essere riconosciti come ideatori della macchina da scrivere, spesso di diversa nazionalità. È anche possibile che varie persone abbiano lavorato contemporaneamente ad idee simili senza necessariamente essere a conoscenza l'uno del lavoro dell'altro come accade in tanti campi.
Una macchina per scrivere (probabilmente la prima) fu inventata dall'avvocato novarese Giuseppe Ravizza nel 1846 con scopi umanitari poiché Ravizza volle far sì che anche i ciechi potessero scrivere con l'utilizzo di questa macchina, brevettata come cembalo scrivano nel 1855. Un'altra persona a cui è stata attribuita l'invenzione della macchina da scrivere è Peter Mitterhofer, nativo di Parcines.[1]
L'importanza degli standard di posizionamento dei tasti (per esempio: QWERTY, QZERTY, AZERTY), per dattilografare a memoria, ossia senza doversi sforzare spesso per distinguere i tasti, e in secondo luogo per facilitare l'alternarsi ergonomico di mano destra e mano sinistra, è da allora sempre stata fondamentale, e tale rimane.
Nei primi modelli meccanici ed elettro-meccanici era presente una tastiera i cui tasti di scrittura premuti azionavano il corrispondentemartelletto in grado di trasferire l'inchiostro da un nastro alla superficie della carta. A questo seguiva immediatamente l'avanzamento di uno scatto del carrello sul quale stava il foglio di carta che veniva così posizionato in modo corretto per la stampa del carattere successivo. Era inoltre comune l'utilizzo della carta carbone che consentiva di ottenere più copie conformi all'originale con una sola operazione di battitura.
Gli accessori di uso più frequente erano la "gomma" (a forma di sottile dischetto, per rimuovere con precisione l'errore), e il "bianchetto" (per coprire gli errori, e, dopo una rapida asciugatura, poter battere il carattere opportuno). Successivamente nacquero le macchine elettroniche con elemento unico di scrittura (inizialmente a sfera, detta anche pallina o testina, ed in seguito a margherita), tasti con modalità sbianca-errori e display. Ciò permetteva di variare il carattere, sostituendo la sfera o la margherita, di applicare uniformemente la pressione e l'intensità dell'inchiostro, e di correggere gli eventuali errori di battitura dopo o prima della stampa.
La prima macchina da scrivere elettrica venne prodotta nel 1901.
Con l'introduzione del computer la macchina da scrivere è andata sempre più in disuso. L'ultima fabbrica di macchine per scrivere del mondo, in India, ha chiuso la produzione il 23 aprile 2011.
Beatrice Felline
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