lunedì 9 maggio 2011

Il mio paese: MARTANO

Martano e una cittadina che si trova a Sud-est di Lecce, i cittadini si chiamano martanesi e sono circa 10.000.Martano è uno dei nove paesi della Grecìa Salentina,quest'area conserva nel dialetto l'idioma greco del tempo dei Bizantini.Diverse sono le ipotesi delle origini del paese,visto che i monumenti piu antichi sono risalenti al 1400.Secondo alcuni il fondatore di Martano è Marzio Pegaso Jovita.
Secondo altri,invece la fondazione risali ai tempi romani secondo il centurione Martius, che si e distinto dai compagni romani per il suo valore durante la conquista del Salento. L'unica cosa certa è che,la cittadina passò sotto il controllo dei bizantini e dei greci,conservando nel proprio dialetto la lingua degli ultimi dominatori.
Lo stemma rappresenta un cavaliere greco in groppa a un cavallo alla conquista del Salento.Ubicato su un'altura a 90 metri sopra il livello del mare, Martano dista dal capoluogo salentino 20 Km.
La sua economia si basa quasi esclusivamente sull’agricoltura, e in particolar modo sulla produzione di olio e tabacco, e sull’artigianato anche se la piccola industria comincia ad essere presente con alcune fabbriche di laterizi e di mobili.
Le caratteristiche dell' “Antica Terra” nome con cui si definiva il centro storico di Martano richiamano la chora bizantina, originariamente cinta da torri difensive e dal castello con un ampio fossato ripetutamente modificato, sì da apparire più che altro un palazzo marchesale.
Del Castello, realizzato intorno al XV secolo, da Ferdinando e Alfonso d'Aragona, per proteggere la città dalle invasioni dei Turchi, sono presenti attualmente le torri cilindriche e i muri scarpati, a testimonianza della concezione militaresca del castello, che però, col passare degli anni è divenuto residenza signorile.
Assieme al castello furono realizzate delle mura con sei torri di vedetta e un fossato. Si suppone ci fossero quattro porte per poter accedere all’interno della città, ma si hanno notizie certe solo di due, una delle quali, Porta Grande o Portella, si trovava ad oriente mentre l’altra, chiamata Porta Piccola, era situata a occidente.
Gli edifici sacri più importanti sono: la Chiesa Parrocchiale dedicata all'Assunta (patrona, festeggiata il 15 agosto),la cappella del Carmine (XVIII sec.); la cappella dell'Immacolata (XVII sec.), il monastero di S. Maria della Consolazione (1685) dei monaci cistercensi di Casamari, rinomato per la confezione di liquori e infusi di erbe: tra cui il noto amaro di San Bernardo e la Goccia Imperiale preparata rispettando un'antica ricetta del '700, la Chiesa della Madonnella,
Dedicata alla Madonna dell'Assunta la Chiesa Parrocchiale fu con molta probabilità ricostruita da maestranze neretine intorno alla fine del XVI secolo. L'interno è a tre navate e la piante è a croce latina con coro ottagonale; piuttosto spoglia di decorazioni ha un organo degno di nota e una importante tela, opera do Oronzo Tiso che raffigura l'Annunciazione. Il portale è finemente decorato e ricorda quello della Chiesa della Madonna delle Grazie di Galatone anch'esso opera di maestranze neretine.
La Chiesa dell'Immacolata, costruita intorno alla fine del '600, ha un prospetto scandito da due ordini di paraste doriche e ioniche ed un portale riccamente decorato, mentre è stato aggiunto nel secolo scorso il timpano triangolare. La pianta è rettangolare con volta a botte; decorazioni e statue di santi fanno da contorno all'altare maggiore posto sullo sfondo che reca ancora le originali dorature.
E' del XVIII secolo la Chiesa della Madonnella, una costruzione elegante a navata unica opera probabilmente dell'artista Margoleo.
Sulla serra tra Caprarica e Martano sopravvive la “Specchia dei Mori” conosciuta anche come "Specchia del diavolo" (secla tu demonìu); che secondo la leggenda, nasconderebbe un tesoro formato da una chioccia e dodici pulcini d'oro, ma custodito dal demonio.
La Specchi dei Mori (dal latino speculare) pare fosse una torre di vedetta, e a confermare questa ipotesi c’è il fatto che è situata su di un altopiano. Dall’alto della Specchia si può infatti guardar giù fino all’Adriatico e quando la visibilità è buona si possono vedere le navi che transitano in queste acque. Nel territorio martanese sono presenti ancora oggi dei monumenti che testimoniano un’antichissima presenza antropica precedente forse l’età del bronzo: i Menhir.
Il più importante è senza dubbio il Menhir di San Totaro o “de lu chiofilu” o più comunemente definito dalla popolazione “colonna”. Questo Menhir pare sia il più alto monolite pugliese, misura infatti m.4,70 di altezza e cm. 48 x 33 di larghezza.
Recentemente è stato riportato alla luce un antico “trappeto” ipogeo, grazie ad un lavoro di ristrutturazione e di recupero artistico. 
 
La Chiesa Matrice





Dedicata all'Assunta, protettrice del paese, fu ricostruita nel 1596 (sul portale si legge:"Hoc cives posuere Dei matrique dicarunt 1596"), distruggendo qualsiasi ricordo dell'antica chiesa di rito greco.
Costruita da maestranze neretine (all'epoca il protagonismo di quelle di Martano non si era ancora affermato) che nel portale riproposero il modello medievale dei leoni stilofori dell'antica chiesa.
Alla spoglia porzione della facciata inferiore, contrasta la zona superiore che si presenta congestionata da angeli aggettanti in percario equilibrio, serpi, ghirlande barocche, festoni e mascheroni, sirene impudiche.
Nelle paraste appare il motivo architettonico tipicamente leccese della "colonna ingabbiata".
L'arioso interno conserva notevoli altari sei - settecenteschi; in quello della Santissima Annunziata possiamo ammirare una splendida tela del pittore leccese Oronzo Tiso, della seconda metà del '700; notevole è pure la tela dell'Immacolata, attribuita a C.Fracanzano.
Allo stesso modo, sono di notevole interesse l'alta mole dell'organo, posto sulla porta d'ingresso, ed il ligneo soffitto decorato nel '700 con 75 formelle ortogonali.
Il modesto campanile fu completato soltanto nel 1769.



La Cappella degli Angeli


Edificata in aperta campagna dal "clan" dei Margoleo nel 1721 (attualmente è nel recinto del cimitero comunale) è un prodotto tipico dell'architettura del primo '700 dell'area grika per la solidità dell'impianto, la perizia tecnica e la sapienza costruttiva. Come in altre Cappelle axtraurbane (vedi la "Madonnella" sulla via per Borgagne) la facciata è ripartita da quattro elastiche paraste di origine gigante che arrivano fino alla sommità dell'edificio.
In asse col portale è il ricchissimo finestrone che, invenzione assai ricercata, sfonda il cornicione ponendosi quasi come elemento architettonico dotato di una sua autonomia. Il serpente che si morde la coda - simbolo del tempo - è un'inserzione di questo secolo. I due stemmi sono: quello a destra dell'Università, ossia del Comune del tempo; l'altro della famiglia Venneri - Stomeo.


Chiesa e Convento dei Domenicani (attuale sede comunale)


Sotto il titolo del Rosario, il grandioso complesso domenicano data all'inizio del '600; la chiesa fu fatta o rifatta nel 1652, data che si legge sul prospetto che si è conservato nella sua originaria fisionomia.
Non così per la facciata dell'attiguo convento che fu ricostruita in forme neoclassiche negli anni settanta del secolo scorso, quando vi si insediarono alcuni uffici comunali.
Originale è rimasto il quadrangolare chiostro dove si apre l'ampio scalone per il piano superiore, sede delle celle per i frati. L'interno della chiesa è a tre navate, impostate su robusti pilastri quadrangolari, coperte da volte a botte su lunette scaricate su elaborati peducci che, come sempre nell'area grika, testimoniano la sapienza costruttiva delle maestranze locali.
Gli altari sono quasi tutti della prima metà del '700 ed in genere sono tipologicamente simili a quelli delle altre chiese dei Domenicani.
Tra le numerose tele degne di attenzione, vi è quella della Circoncisione, del primo '600, e quella della Pietà, attribuita ad A.Fracanzano e, per alcuni, addirittura a Palma il Giovane (è la tela dell'altare maggiore rifatto a Napoli, in marmo, nel 1752). Settecentesco è il grande organo.
Sulla piazza antistante vi è il busto bronzeo di Salvatore Trinchese, realizzato nel 1907 dal grande scultore A.Bortone. 
Convento di Santa Maria della Consolazione

Costruito in aperta campagna sulla via per Borgagne dagli Alcantarini nella seconda metà del '600, sul luogo di un'antichissima e veneratissima cappelle rurale di rito bizantino denominata "Madonna del Ligori".
La tradizione vuole che per la sua costruzione siano state impiegate le pietre dei ruderi di due eremi abbandonati di tradizione bizantina, San Biagio e San Nicola.
La tradizione vuole che per la sua costruzione siano state impiegate le pietre dei ruderi di due eremi abbandonati di tradizione bizantina, San Biagio e San Nicola.
L'edificio conventuale è stato notevolmente rimaneggiato in questi ultimi decenni in seguito all'installazione dei religiosi cistercensi.
Soltanto la chiesa conserva l'aspetto originario; al suo interno è particolarmente notevole l'elaborato altare maggiore (1691) alla cui sommità, in una cornice ovale, è conservato l'affresco della Vergine della Consolazione. Questa chiesa è stata recentemente sottoposta ad importanti lavori di restauro che, tra l'altro, hanno recuperato il prezioso pavimento in mattonelle smaltate.
Il convento è sede di una liquoreria, di una ricca biblioteca, di una pregevole pinacoteca, dono dello storico Michele Paone, ed offre ben 70 posti letto a quanti desiderino condividere per qualche giorno l'ordinata semplicità della vita monastica.
Nel recinto dell'edificio vi è una fonte d'acqua purissima alla quale chiunque può attingere.



Il Cimitero Comunale


La più grande concentrazione di edifici, realizzati tra il XIX e XX secolo, che offrono ancora l'idea della Cultura locale della pietra, fatta di abilità tecnica e di inventiva, si trova nella parte antica del Cimitero comunale (via per Lecce).
Se fin qui era stato il Barocco e poi il Neoclassicismo a dimostrare la bravura delle maestranze locali, gli edifici funebri testimoniano la capacità di adeguarsi alle nuove forme, specialmente a quelle del "liberty", che dato all'abitato altri esemplari architettonici di rilievo, è l'epoca durante la quale si affrescano all'interno gran parte dei palazzi signorili di Martano, come "Palazzo Corina" (via per Otranto) che ha inoltre uno dei più interessanti giardini dell'epoca.



La Cappella degli Angeli



Edificata in aperta campagna dal "Clan" dei Margoleo nel 1721 (attualmente è nel recinto dei cimitero comunale) è un prodotto tipico dell'architettura del primo '700 dell'area grica per la solidità dell'impianto, la perizia tecnica e la sapienza costruttiva. Come in altre cappelle extraurbane (vedi la "Madonnella" sulla via per Borgagne) la facciata è ripartita in quattro elastiche paraste di ordine gigante che arrivano fino alla sommità dell'edificio. In asse col portale è il ricchissimo finestrone che, invenzione assai ricercata, sfonda il cornicione ponendosi quasi come elemento architettonico dotato di una sua autonomia. Il serpente che si morde la coda - simbolo del tempo - è un'inserzione di questo Secolo. I due stemmi sono: quello a destra dell'Università, ossia del Comune del tempo; l'altro della famiglia Venneri-Stomeo.
Palazzo Baronale


Edificato dopo il 1649 sull'area del castello, le cui torri cilindriche a pianta circolare furono ricostruite dopo la riconquista aragonese di Otranto agli angoli del prospetto, questo fu realizzato dall'architetto Francesco Manuli da Corigliano d'Otranto, che un decennio avanti aveva costruito in Melpignano i palazzi Castriota e Maggio, col quale ultimò la facciata di quest'edificio che presenta notevoli affinità, evidenti in modo significativo nella tipologia del portale archeggiate a staffa di cavallo, nella teoria delle alte luci, non finestre, e nel coronamento superiore a pilastrini. Dai Trani, che lo realizzarono, passò, col feudo, al Marchese Beiprato, ai Brunassi e ai Gadaleta, che il 1750 commisero la fronte lungo la via Pomerio all'architetto Tommaso Pasquale Margoleo da Martano (1703/1781), che ne affidò l'esecuzione al fabbricatore concittadino Donato Saracino. E' ora in proprietà dei baroni Corni, che il 1887, abbattuta la torre di sinistra, composero il prospetto nell'attuale via Marconi e sulla centrale piazza dell'Assunta. Attualmente vuoto, muto, disabitato, è abbandonato nei vari ambienti e quelli superiori non conservano neppure un brandello dei quattro arazzi figuranti le imprese di Alessandro Magno e di altre gesta eroiche che nel Settecento vi erano appesi. Nel palazzo non si consumò la sanguinosa rapina del 1815, narrata da sir Richard Church ad opera di Giuseppe Armenini e dei suoi complici che in Martano furono giustiziati. Qual fosse il palazzo, prima della demolizione della grossa torre a mancina, rivela il disegno il 1884 eseguito da Cosimo De Giorgi che descrisse i brandelli dell'arredo che ai suoi tempi nel palazzo erano ancora superstiti.



La Cappella della Madonnella


La cappella, extra moenia, dedicata alla Vergine dell’Assunta, fu edificata all’inizio del XVIII secolo, collocata all’incrocio tra la strada che porta da Martano al convento di S. Maria della Consolazione e poi a Borgagne, e l’antica strada che, proveniente da Lecce, passava ai piedi della Specchia dei Mori (Segla u demonìu), piegava verso il convento e proseguiva per Carpignano.
La facciata è scandita da quattro paraste con capitelli ionici. Dei due ingressi quello a nord è elimitato da un portale sormontato da una statua della Vergine.
All’interno, l’altare maggiore accoglie un affresco della Madonna, ritenuto miracoloso. Un secondo altare è dedicato a San Francesco da Paola (1708).
Centro storico

Definito col nome di "Terra" perchè circondato da mura con fossato, torri e castello, la parte più antica di Martano rappresenta uno dei centri più interessanti del Salento sia per l'ottimo stato di conservazione che per la regolarissima struttura viaria ad andamento ortogonale che permette di ritagliare isolati rettangolari le cui dimensioni non superano i ventisei metri di lunghezza, misura che troveremo in altri centri della Grecìa Salentina.
L'accesso all'abitato era garantito da due porte ora distrutte, messe all'estremità dell'attuale via Roma. Il minuto tessuto residenziale fatto non solo di piccole case a corte ma anche di palazzetti con straordinarie soluzioni architettonico - decorative (Portali, balconi, finestre, colonne angolari, stemmi, etc.), è dominato dai due enormi volumi del Castello e della Parrocchiale che costituiscono momenti tra i più significativi della Storia dell'Arte salentine.



Palazzo Andrichi-Moschettini


Chi lascia l'abitato di Martano per raggiungere Otranto, si troverà di fronte, sulla sua sinistra, la lunga facciata a due piani del vasto palazzo Andrichi - Moschettini costruito tra il 1710 e il 1720.
Sei aperture animano il primo piano; il fastoso portale, assimetricamente collocato in facciata, e sormontato da un lungo balcone sorretto da sette mensoloni di notevolissima potenza figurativa ed inventiva;
ben diciassette pilastrini definiscono la balaustra del balcone che inquadra un arco stemmato che, arretrato, contiene l'apertura per l'accesso al balcone. Altro esemplare tipico dell'abilità costruttiva delle maestranze martanesi e del gusto delle ricche famiglie committenti è l'elemento più caratteristico di questo edificio: la parte terminale, specie di ballatoio sostenuto da beccatelli e archetti pensili che si sviluppano per tutta la lunghezza della facciata e sono uno diverso dall'altro a riprova di una capacità ideativa veramente straordinaria. In alto nel parapetto si aprono le saettiere che servivano per scrutare se dal mare arrivavano i soliti temutissimi Turchi


Palazzo Pino


E' una costruzione in gran parte ristrutturata alla fine del XVIII secolo che si affaccia sulla attuale via Marconi, cioè in una zona fuori le mura, oltre il fossato che all'epoca doveva essere già scomparso.
Ha un impianto seicentesco e avanzi di un giardino assai vasto. Il motivo più significativo è, tuttavia, il sistema portale-balcone-arcostemmato.
Il portale può essere dei primi decenni del XVIII secolo; più tardo (circa 1780-90) il virtuosistico balcone traforato sostenuto da sei elaborati mensoloni, insieme perfettamente conservato ed esemplare dell'abilità tecnica ed artistica delle maestranze martanesi.
Sopra il balcone, quasi come una loggia poco profonda, si innalza un elaborato arco a tre segmenti sormontato da un ricchissimo stemma che emerge su tutto e reca un'iscrizione in caratteri greci di difficile lettura ma che probabilmente è fatta ad arte perchè sembra riferirsi all'amore perduto di una donna che viene chiamata Meriàtses.
In questo palazzetto sembra condensarsi tutta la grazia elegante di un secolo ormai alla fine. 
Palazzo Micali

In via degli Uffici, è datato 1719 e costituisce il palazzetto architettonicamente più maturo della fiorente attività edilizia locale del primo '700. Assai simile, specialmente nella zona inferiore, al palazzo Andrichi - Moschettini, è caratterizzato dal lungo balcone sorretto da sei mensoloni che reggono una balaustra ornata da splendidi motivi scolpiti.
Sotto la bifora pensile si apre l'elaborato portale con lo stemma e la data (1719). Sul capitello centrale della bifora è issata la statua dell'Arcangelo Michele: questo pezzo di eccezionale bravura esecutiva sembra appeso al cornicione ed è uno dei momenti migliori della secolare esperienza costruttiva delle maestranze martanesi, il punto più alto di equilibrio tra tecnica e fantasia. Questa è la vera architettura "martanese", se è giusto usare quest'aggettivo. 
Il gardino della conoscenza

Nicole Gravièr (disegno) e Luigi Scardino (traduzione ed esecuzione) - via Marconi. Il Santo Graal della cultura bretone, la colonna tortile baroccheggiante, i simboli della cultura indiana del bene e del male e la colonna col capitello di ispirazione idruntina e africana si uniscono in un'affascinante allegoria di grande potenza espressiva.



Fontana degli Angeli



Armando Marrocco - Piazzetta Donizzetti.
Opera di estrema complessità concettuale, recupera i tradizionali "Angeli" (contenitori di olio di pietra leccese) legando suggestioni ecologistiche e antimoderne ad una avveniristica unità formale.


Monumento d'acqua


Ercole Pignatelli - Via Marconi. Esecuzione dello scalpellino E. Rizzo.
L'artista propone una fantastica fruttiera-capitello sostenuta da una sorta di colonna emergente dall'acqua che unisce richiami alla monumentalità del barocco romano ed alla genuina potenza espressiva del barocco leccese.



Il tempio dell'olivo

Fernando De Filippi - Giardini pubblici.
L'artista concretizza il suo "Tempio" moltiplicando il frontale per quattro. All'interno dello spazio "consacrato" pone l'olivo, albero simbolo del Salento. 
                                                                                                 Surdo Federico & Tanieli Simone

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